giovedì 23 agosto 2018

"Casi umani" di Selvaggia Lucarelli - Come capire che l'importante è bastare a se stessi

Mentre mi accingevo a scrivere queste poche righe di commento all'ultimo libro di Selvaggia Lucarelli, sono incappata in alcune recensioni poco lusinghiere. C'è chi giura di volerlo buttare nella spazzatura, chi si aspettava una lettura diversa, decisamente più profonda. Opinioni che mi hanno fatto sorridere dato che bastava leggere la trama per comprendere che la Lucarelli non avesse la minima intenzione di scrivere un trattato sulle relazioni amorose, ma che volesse semplicemente raccontare le sue esperienze con il sarcasmo che la contraddistingue. Giudicate voi stessi!





Trama

La delusione, la tristezza, il dolore, certo. Ma poi, dopo i primi giorni, anche l'inesorabile scivolare verso una serie di incontri surreali e di relazioni-lampo con personaggi a cui, a distanza di anni, non si concederebbe neppure il tempo di un caffè ma che, per irripetibili congiunzioni astrali, si sono trovati a rivestire il ruolo di traghettatori. Con effetti tragicomici. Personaggi che "potrebbero sembrare frutto di fantasia, di un mojito di troppo o di una sfiga siderale e che invece, ahimè, sono comuni e realmente esistiti". Da Mister Foglio Excel, di una taccagneria mitologica, a Mister Ho una cosa per te, cleptomane compulsivo, fino al vincitore assoluto, Mister Il piacere è soggettivo, voyeurista seriale. Una galleria di uomini che, prima ancora di poter essere definiti ex, sono evidenti, cristallini Casi Umani. E che Selvaggia Lucarelli racconta con maestria unica, con spietata (auto)ironia, con il sollievo e la benevolenza della sopravvissuta.

Perché leggerlo?

Ritrovarsi a maledire certi incontri, provare sconforto nei confronti del genere umano, aver così tanta voglia di piangere che si finisce per ridere. A tutti è capitato di sentirsi così, ed è questo lo spirito di "Casi umani". E infatti, proprio come era successo con "Dieci piccoli infami", la lettura di questo libro ha il grande pregio di farci sentire "compresi" e decisamente in buona compagnia. Perché di uomini imbecilli e senza midollo ne è pieno il mondo: in alcuni è incappata Selvaggia, altri sfortunatamente sono toccati a noi. Che mondo crudele!
Il nuovo racconto di Selvaggia è quasi terapeutico e, per quanto sia divertente e assuma toni tragicomici, invita a una riflessione profonda su noi stessi, sul nostro modo di superare le delusioni amorose e sul nostro amor proprio.

"Quando si soffre, meglio starsene in disparte per un po’, nell’attesa di tempi migliori."

Sembra una affermazione ovvia, ma nella realtà dei fatti, molto spesso ricorriamo al chiodo scaccia chiodo, tentiamo in ogni modo di riempire il vuoto che sentiamo dentro, proviamo a placare la nostra inquietudine buttandoci a capofitto in una nuova esperienza che ci permetta di non pensare troppo. Ma è un atteggiamento che non porta a nulla di buono e la Lucarelli lo dimostra passando in rassegna molte delle sue deludenti relazioni con personaggi microcefali di poco spessore; una carrellata di disavventure che porta il lettore a chiedersi se si tratta di persone reali o se Selvaggia è stata vittima, in parecchie occasioni, di una candid camera. 
Del resto, le storie dell'autrice non fanno altro che confermare che il detto "meglio soli che male accompagnati" dovrebbe diventare la nostra filosofia di vita, un mantra.
Sarà per il contenuto, sarà per lo stile di scrittura molto diretto e immediato di Selvaggia Lucarelli, sta di fatto che "Casi umani" si legge nel giro di poche e fa tanto sorridere.
Il passo che mi ha fatto più ridere? La cena con l'influencer!

"Ero a cena con uno che si era fatto cucire a mano la I di Influencer."

Vi lascio solo immaginare come continua...

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